A ‘Letture amene sotto il Berceau’ di Bergamo presente Carmine Abate

Nell’ambito delle ‘Letture amene sotto il Berceau’ la rassegna letteraria di Bergamo, sostenuta dalla Cooperativa Città Alta con la direzione artistica di Mimma Forlani,  oggi,  presso il Circolino alle ore 18 i lettori potranno incontrare Carmine Abate, che sarà presente con ‘La felicità dell’attesa’, pubblicato da Mondadori nel 2015.  Lo scrittore, nato a Carfizzi, un paesino di origini albanesi in Calabria, racconta la saga dei suoi antenati emigrati, come gran parte degli abitanti calabresi nel dopoguerra. Abate ricostruisce con sapienza e partecipazione le trame delle loro vite avventurose, il duro lavoro e la sagacia nel buttarsi nel mondo della ristorazione o dello sport come capitò a Andy, chiamato ‘The Greek’, benché arberesh, più volte campione di bowling. Entra dentro i conflitti di famiglia e fa emergere il dolore causato dalle diverse concezioni di vita che confliggono la struggente nostalgia delle partenze e degli arrivi. Tra i personaggi principali anche la giovane Marilyn Monroe. C’è in questo libro, spiega la curatrice della rassegna Mimma Forlani,  un senso di sradicamento di cui parlano gli emigrati e gli esiliati, anche quelli che poi hanno avuto successo. Le storie di Carmine Abate  nascono dal racconto orale, ne ha conservato memoria sonora e le dipana sulla pagina nelle cadenze dei pater familias, protagonisti dei suoi romanzi. L’epopea narrata ne ‘La felicità dell’attesa’, è quella della famiglia di Carmine Leto il nonno paterno di cui Carmine Abate porta il nome. La saga narra la storia di quattro generazioni della famiglia i cui figli emigrano negli Stati Uniti. I personaggi di Abate sono migranti che ritornano automaticamente al dialetto calabrese e alla lingua arbëreshë dei padri allorché incontrano uno che arriva dalla loro terra,  in un fluttuare tra presente del passato, che è la memoria, il presente del presente, che è la visione, il presente del futuro che è l’attesa.Nei lavori di Abate costante è la fedeltà ai luoghi e alla loro storia tramandata di padre in figlio, così come alle persone che li hanno abitati nella povertà e nella devozione della terra madre. Costante è la fedeltà ad una  lingua, quella  inventata dallo scrittore stesso in cui risuonano  parole italiane dalle strutture sintattiche calabresi, parole dialettali e americane quasi gergali, tipiche degli emigranti nostri. Ad incorniciare il tutto una fedeltà al ricordo di paesaggi maestosi e primitivi, ma anche ai sapori forti della cucina del Sud. I libri di Carmine Abate hanno ricevuto molti premi e sono stati tradotti in Francia, Stati Uniti, Germania, Olanda, Grecia, Portogallo, Albania, Kosovo, Giappone e recentemente in arabo, portando nel mondo la storia della piccola comunità di origine albanese a cui Abate appartiene, approdata a Carfizzi nel XV secolo, così come sono sparsi nei quattro angoli della terra i Calabresi, protagonisti incontrasti di storie di miseria e povertà, ma anche di avventure incredibili, di fortune rese possibili dalla sagacia e dal lavoro, di notorietà guadagnata con talento e  passione.  Le trame delle vite restano,  scrive la Forlani,   tuttavia, misteriose e inafferrabili, s’intrecciano nei giorni come  i tappeti di sulla dai fiori  rossi. A noi non resta che raccontarle o ascoltarle da chi le sa raccontare come dice il narratore stesso  a Monika, la bella tedesca che in uno dei tanti addii, si trova  accanto sul sedile dell’aereo: ‘Non sempre è possibile capire la vita, mia cara, né serve spiegarla. Bisogna raccontarla e basta’

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