Manovra, oggi il voto di fuducia

La manovra oggi sarà legge. L’esame dell’ex finanziaria, iniziato oggi in commissione Bilancio a palazzo Madama, passerà all’aula e l’assemblea licenzierà il provvedimento, con voto di fiducia, senza modificare il testo uscito dalla Camera, che quindi terminerà il suo iter in Parlamento. Il Senato non toccherà palla sulla prima legge di bilancio, mentre Montecitorio è riuscita a inserire solo misure marginali, che non hanno modificato i saldi e non ha cambiato i contorni del quadro economico per il prossimo anno, disegnato dal Consiglio dei ministri. Dalle 9.30 di oggi mattina la manovra sarà all’esame dell’aula, ed entro lo stesso termine dovranno essere presentati gli emendamenti. Il calendario deciso dalla capigruppo prevede il voto con fiducia sulla prima sezione del ddl, che contiene il cuore della manovra, a partire dalle 13.30, dopo le dichiarazioni di voto che inizieranno alle 12.00. Poi si passerà alla votazione degli eventuali emendamenti e degli articoli che compongono la seconda sezione del disegno di legge, ovvero la parte tabellare.  Le dichiarazioni di voto cominceranno alle 12 e la prima chiama è prevista per le 14.30. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha accettato di ‘congelare’ le proprie dimissioni in attesa dell’ok alla manovra convinto anche dai tempi strettissimi di approvazione che saranno, dunque, tali. L’ex finanziaria da 29,1 miliardi di euro, peggiora il saldo strutturale di 0,4 punti percentuali portando il deficit al 2,3%, il governo ha avuto un bel po’ da fare con Bruxelles per convincere i partner che le risorse aggiuntive servono a coprire uscite extra, come l’emergenza migranti e i terremoti. E ancora oggi arrivano degli avvisi dall’Europa che, dopo il referendum e prima di sapere cosa succederà in Italia, ribadisce la necessità di inserire misure addizionali perché altrimenti rischia di non rispettare i requisiti del patto di stabilità. Tre i pilastri principali su cui poggia la manovra: fisco, investimenti e welfare. Il primo dei tre è composto dall’intervento che ha richiesto il maggiore impegno, in termini economici: il blocco dell’aumento dell’Iva che è costato più di 15 miliardi di euro. A cui si aggiunge la riduzione dell’Ires dal 27,5% al 24%. La seconda colonna è costituita dal programma ‘industria 4.0’ e, secondo le stime del governo, dovrebbe mobilitare risorse per 20 miliardi di euro. L’ultimo capitolo è composto principalmente dalle misure previdenziali, che vanno dall’aumento della no tax area, all’ottava salvaguardia per gli esodati, arrivando all’ape e all’ape sociale. Sul fronte sanitario si conferma il finanziamento di 113 miliardi di euro per il servizio sanitario nazionale; mentre per il pubblico impiego arriva lo sblocco dei contratti, grazie a 1,9 miliardi che dovranno essere divisi tra gli statali, le forze armate e corpi di polizia. La Lega va all’attacco sulla manovra e, attraverso i capigruppo a Camera e Senato, Massimiliano Fedriga e Marco Centinaio, ritiene che non ci sono le basi per l’approvazione rapida della legge di bilancio al Senato a meno che il governo non elimini immediatamente tutte le marchette pre-elettorali inserite prima del voto di domenica. ‘Ma Renzi e Alfano sono proprio sicuri che tutti i senatori voteranno la fiducia alla manovra?’, a porre la domanda è il senatore di FI Francesco Nitto Palma commentando con i cronisti ipotetici scenari futuri che si profilano dopo il voto referendario: ‘Renzi e Alfano, dopo averci stalkerizzato per mesi con le esigenze di stabilità e salvaguardia del sistema economico nazionale, vogliono andare al voto a febbraio con una legge maggioritaria alla Camera e una proporzionale al Senato. E sono sicuri che i senatori non preferiscano un governo che gestisca l’esercizio provvisorio e completi la legislatura invece che andare ora al voto a febbraio con un Paese profondamente diviso?. Se per caso Renzi e Alfano immaginano di poter portare il Paese alle elezioni con il loro governo sappiano che il passaggio obbligato è il voto di fiducia sulla legge di stabilità. E mi auguro  che se dovessero provare questo azzardo abbiano certezza che i senatori non renziani del Pd, quelli di Ncd e quelli di Ala votino tale fiducia’. In realtà è inconcepibile indire elezioni prima che le leggi elettorali di Camera e Senato vengano rese tra loro omogenee. Per il Colle quindi una nuova legge elettorale e dunque un governo che assicuri una transizione ordinata, nel rispetto della sovranità del Parlamento, sarebbe innanzitutto una soluzione obbligata prima che buon senso. Inoltre, determinante diventa anche la sentenza della Consulta: ‘Ovvie ragioni di correttezza istituzionale richiedono prima di andare a nuove elezioni di attendere le conclusioni di quel giudizio il cui esito non è ovviamente prevedibile’. Quale governo assicuri questo percorso è, innanzitutto, nelle mani di Renzi. E affidato alla volontà del Parlamento, perché sin dall’inizio di questa crisi il capo dello Stato si è posto come arbitro e garante.  Matteo Renzi nella direzione del Pd di oggi, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, indicherà un bivio: o un governo di responsabilità nazionale con la più ampia partecipazione delle forze politiche per affrontare le scadenze del paese,  o le elezioni. Il Pd non è intenzionato a reggere un governo da solo facendosi ‘rosolare’ dalle opposizioni che chiedono le urne anticipate e accusano i dem di volere restare al governo. Le consultazioni per la formazione del nuovo Governo inizieranno giovedì, al massimo venerdì. Questo è l’orientamento del Quirinale alla vigilia del voto di fiducia sulla manovra e della direzione del Pd. Fermo restando uno scenario in veloce evoluzione.

Cocis

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