Trump e i suoi dubbi sul viaggio asiatico

Durante la campagna per le presidenziali aveva rimproverato la Cina per il suo nazionalismo economico e minacciato rappresaglie. Quando era ancora un ricco e ambizioso uomo d’affari,aveva criticato Obama per aver riservato a Xj, allora vice Presidente della Repubblica Popolare cinese, un’accoglienza regale. Oggi il Presidente americano dice al popolo cinese che può essere fiero del suo Presidente. Questi sbalzi di umore, in parte derivano dal suo carattere, in parte sono dovuti alla politica interna. Trump è un uomo d’affari spregiudicato, ambizioso e ha un alto concetto di sé e come tale ritiene che la politica tra gli Stati, si faccia tra uomini che si piacciano e conoscano il linguaggio del potere. Ma come qualunque altro uomo politico deve tener conto del suo elettorato. E’ stato eletto da quegli americani che detestavano il socialismo liberale di Obama e ritenevano che il loro Paese avesse il diritto di difendere i propri interessi anteponendoli a quelli di altri Stati. Per non deludere le attese dei suoi elettori e per essere l’opposto del suo predecessore, non ha esitato a denunciare l’accordo Nafta(Trattato commerciale sul libero commercio in Nord America), quello di Parigi sul clima e il Partenariato Transpacifico. Quest’ultimo non rivestiva solo una peculiarità commerciale, ma tendeva a separare la Cina e l ‘India dal resto del continente, creava con una buona parte dell’Asia una comunità internazionale a cui gli Usa offrivano una grande condivisione di interessi economici. Non era un’alleanza militare, ma tendeva ad evitare che la Cina diventasse un giorno la potenza egemone dell’intero continente asiatico. Nel suo viaggio in Asia Trump ha incontrato i leader più influenti del continente, ma per riaffermare sempre e solo il suo credo: l’America prima di tutto. Sul piano politico,poi, le cose non sono andate molto meglio. Trump sperava di usare il viaggio per mobilitare contro la Corea del Nord un fronte militare asiatico il più ampio possibile. Ma con il Presidente cinese non è andato oltre la promessa di ulteriori sanzioni economiche e lo stesso con quello Suda coreano che si è mostrato incline più verso un’azione diplomatica verso la Corea del Nord, escludendo ogni strada alternativa.Solo il Giappone ha fatto intendere che in caso di lancio di missili nord coreani sarebbe disposto ad un’eventuale risposta interdittiva, sul piano militare.Con la creazione dell’accordo Trsanspacifico, Obama aveva lasciato al suo successore le porte aperte per una politica asiatica. Con la denuncia del Trattato Trump si è privato di uno strumento che avrebbe avuto tre vantaggi: contenere l’influenza cinese, favorire gli scambi americani, creare rapporti di reciproca e pacifica convivenza con gran parte del continente asiatico.Il risultato ottenuto oggi è che gli Stati Uniti sono privi di una politica asiatica corrispondente alle loro dimensioni e ai loro interessi.

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