Ok della Commissione di Vigilanza ai sette membri del Cda Rai. Eletti: Rita Borioni, Guelfo Guelfi, Franco Siddi, Paolo Messa, Carlo Freccero, Arturo Diaconale e Giancarlo Mazzuca. Eletti e votati per il cda Rai, quanti e chi li ha votati (65mm x 100mm)

Rai, eletti i sette nuovi componenti cda. Ora presidente e direttore generale

La commissione di Vigilanza ha eletto i sette nuovi membri del Cda Rai. Si tratta di: Rita Borioni, Guelfo Guelfi, Franco Siddi, Paolo Messa, Carlo Freccero, Arturo Diaconale e Giancarlo Mazzuca. Freccero era stato proposto da Beppe Grillo e sostenuto da Sel. Il Pd aveva proposto Franco Siddi, Rita Borioni, Guelfo Guelfi. Paolo Messa era sostenuto da Ap. Carlo Freccero  ha ottenuto 6 voti, da M5S e Sel; Guelfo Guelfi, candidato della maggioranza Pd ha ottenuto 6 voti, Rita Borioni, l’altra maggioranza Pd, 5. Cinque voti anche per Franco Siddi,    maggioranza Pd e centro; 5 voti per Arturo Diaconale votato da Forza Italia, mentre il candidato di Ap Paolo Messa ne ha ottenuti 4, come Giancarlo Mazzuca espressione del Centrodestra. Si svolgerà stasera la riunione della commissione di Vigilanza per la ratifica a maggioranza dei due terzi sul presidente della Rai. E’ quanto deciso in ufficio di presidenza, anticipando di un giorno la riunione, in previsione di un possibile accordo. Stasera, sottolinea il premier, il governo indicherà i nomi di dg e presidente: ‘Saranno professionisti di livello, competenza e indipendenza come è giusto che sia. E’ evidente che la nostra scommessa sulla tv pubblica è di grande respiro’. La commissione di Vigilanza si dovrà riunire per dare o meno al presidente designato dall’assemblea dei soci, quindi dal Governo, il voto favorevole dei due terzi dei componenti necessario a far diventare effettiva la sua nomina. Il nuovo consiglio resterà in carica per tre anni, salvo dimissioni anticipate della maggioranza dei consiglieri o sfiducia da parte della Vigilanza. Nel corso del suo mandato, dovrà affrontare il cambio dei poteri del direttore generale, che riceverà quelli dell’amministratore delegato previsti dal disegno di legge sulla governance, quando quest’ultimo diverrà legge. Sino ad allora, il nuovo direttore generale, con ogni probabilità Antonio Campo Dall’Orto, potrà solo proporre tutte le nomine apicali al consiglio di amministrazione. Dopo, invece, dovrà solamente consultarlo nel caso delle nomine editoriali di vertice, ma non sarà vincolato da tale parere, salvo nel caso dei direttori di testata, sempre quando tale parere sarà forte dei due terzi dei consiglieri. In Rai, tutti attendono col fiato sospeso di sapere quale sarà la loro sorte. Tra i direttori dei Tg Rai, Mario Orfeo (Tg1) sembra il meglio piazzato per tenersi a galla pure nella Rai renziana, grazie ai buoni risultati del suo tg, ma anche alle buone relazioni intessute con personaggi chiave del Giglio Magico, in testa Maria Elena Boschi. In buona posizione anche Giancarlo Leone, direttore di Rai1. A palazzo Chigi, comunque, già si parla di una riforma che dovrebbe portare ad unificare in una sola ‘newsroom’, con una direzione unica, le testate e testatine che dentro la Rai si fanno concorrenza, con scarsi risultati per l’informazione. L’unificazione va fatta, e in fretta, dice Michele Anzaldi, membro renziano della Vigilanza, perché è una riforma che farà risparmiare 70 milioni l’anno a viale Mazzini, ed è stata votata all’unanimità in commissione. Nell’era della tv multipiattaforma, con la concorrenza di Netflix alle porte e la qualità sempre più appaltata al mondo pay, è ora di togliere le rughe alla Rai e di ‘riportare il servizio pubblico al centro del dibattito dei media, puntando innanzi tutto sul potenziamento di due macro-generi, informazione e fiction’. Non ha dubbi Carlo Freccero, esperto di comunicazione, autore e soprattutto uomo di prodotto, a lungo dirigente Mediaset e poi Rai, neo eletto in consiglio di amministrazione. Nato a Savona nel 1947, negli anni ’80 responsabile dei palinsesti di Canale 5 e Italia 1, poi curatore della programmazione di Retequattro e dal 1996 direttore della Rai2 di Santoro e Dandini, Fazio e Chiambretti. Freccero rivendica la sua indipendenza, pagata anche a caro prezzo: ‘Berlusconi mi ha fatto fuori la prima volta il 5 maggio del 1992, poi in Rai ho dovuto affrontare il caso Luttazzi e quando governava il centrosinistra mi ha mandato sul satellite’, come presidente di Rai Sat e poi direttore di Rai4. Ora però, sottolinea, mi hanno chiamato per un lavoro che penso saper fare per ridare centralità al servizio pubblico. Oggi il vero problema è la presenza di una televisione a due velocità: una per un pubblico che sa scegliere, ha competenze, è informato e un’altra per un pubblico abituato a un consumo più ‘basso’. Per Freccero il futuro della tv pubblica non è solo ‘una questione legata alla governante. Certo, è fondamentale che la Rai venga affrancata dai partiti e affidata a persone competenti. Ma serve anche una politica editoriale basata su due punti fondamentali: potenziare l’informazione e la fiction e aiutare le idee, l’innovazione e la riscrittura di questi due macro-generi’. Diverso è, invece, il punto di vista di Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza, ha commentato le nuove nomine del cda della Ra: ‘Nel momento in cui dici che vuoi una Rai indipendente, non costringi i tuoi parlamentari a votare tutte persone all’interno del partito. I nominati, per il presidente della Commissione, sono delle appendici ai partiti, non c’è competenza, non c’è professionalità, il quadro complessivo è desolante’. Tra i nuovi membri del cda, ci sono solo ‘assistenti parlamentari, spin doctor, amici di famiglia, che devono rispondere a un preciso interesse. Con queste nomine è iniziata la campagna elettorale, per blindare la tv pubblica con future nomine di canali e di testate. Questo perché il movimento è forte e fa paura’.

Roberto Cristiano

 

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