Proposte di mediazione sulle riforme

Proposta di mediazione dei senatori dissidenti della maggioranza illustrata da Vannino Chiti in Aula del Senato. “Presento una proposta condivisa con i colleghi che sostengono la maggioranza”, spiega, “ridurre gli emendamenti e concentrare il confronto sulla riforma attorno a grandi temi. Votare entro agosto alcune decine di emendamenti fondamentali. Poi la prima settimana di settembre le dichiarazioni e il voto finale e concentriamo il confronto attorno a grandi temi, che sostengono il progetto di riforma: le modalità di elezione dei senatori, il numero dei deputati, l’immunità, l’elezione del presidente della Repubblica e gli istituti di garanzia, le competenze del Senato in alcune materie, i referendum e le leggi di iniziativa popolare, ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni”. A Chiti replica il capogruppo del Pd al Senato Luigi Zanda: “Accolgo con rispetto l’indicazione di Chiti perché le votazioni degli articoli del ddl sulle riforme terminino l’8 agosto. Poi se il voto finale dovesse andare ai primissimi giorni di settembre non lo considererei un trauma. Ma perché sia possibile serve l’accordo di tutti i gruppi del Senato”. Matteo Renzi per superare la fase di stallo delle Riforme costituzionali è intenzionato ad un rinvio a settembre a patto che le opposizioni ritirino gli emendamenti. Renzi in una lunga giornata di trattative prima scrive una lettera-appello ai senatori della maggioranza in cui si dice anche disposto a discutere sulle preferenze nella nuova legge elettorale, ma avverte di non buttare via tempo in un umiliante ostruzionismo. Poi, conversando con il suo entourage, mette i suoi paletti alla trattativa con il ritiro degli emendamenti perché se volessero bloccare tutto direbbe no. A queste condizioni, su cui si starebbe aprendo un primo varco tra i frondisti del Pd, il governo sarebbe pronto a recepire poche e mirate modifiche per arrivare alla pausa estiva l’8 agosto solo con le dichiarazioni di voto finale e puntare al voto finale il 2 settembre. Intanto, il primo voto al pacchetto riforme è slittato, evitando la prevista seduta notturna come modo per far metabolizzare a tutti i senatori le nuove aperture di palazzo Chigi. A scombussolare la giornata è stata proprio la lettera del premier a tutti i senatori della maggioranza, per ringraziarli dell’impegno nel voto sulle riforme. Come spesso accade Renzi si rivolge formalmente a chi è dentro al Palazzo ma in realtà parla a chi ne è fuori. I senatori dei vari gruppi inizialmente non l’hanno dunque presa bene, ognuno per un motivo diverso. Gli oppositori perché Renzi bolla come “emendamenti burla” le loro proposte emendative ostruzionistiche. I senatori della maggioranza non hanno apprezzato di non aver mai ricevuto la lettera, letta sulle Agenzie e girata solo nel pomeriggio dai capigruppo. Forza Italia era su tutte le furie perché la lettera non riconosce il suo ruolo di principale partner del governo in questa partita. Quando la capigruppo si è riunita per organizzare i tempi per la fiducia al decreto Cultura, M5S e il relatore Roberto Calderoli, hanno chiesto di non tenere la seduta dalle 21 alle 24 e il capogruppo del Pd Luigi Zanda non si è opposto. Si è evitata così una violenta polemica in Aula sulla lettera da parte degli oppositori che avrebbe solo tenuto inutilmente bloccati i lavori. E Loredana De Petris, capogruppo di Sel, e prima firmataria di ben 5.900 emendamenti, dopo una riunione di partito risponde a muso duro: “Non c’è nessuna trattativa in corso, i nostri emendamenti restano”. Ma nella lettera c’era anche l’apertura sulla legge elettorale ai partiti minori della maggioranza e ai bersaniani del Pd. Ai primi Renzi ha detto che si può trattare sulle soglie dell’Italicum, ai secondi ha aperto sulle preferenze, che piacciono anche a Ncd. Insomma la maggioranza è ora blindata e si va al voto in Aula con una certa sicurezza. Una sfida anche ai voti con scrutinio segreto. Chiti ha capito che essere stati trascinati all’ostruzionismo cieco dai 5.9000 emendamenti di De Petris, ha precluso le chances ai suoi pochi emendamenti puntuali, e in serata ha lanciato un appello perché si rinunci sia all’ostruzionismo che al contingentamento e ci si confronti nel merito. Una affermazione che viene letta in ambienti del governo e in alcuni settori della maggioranza come il segnale che il secondo messaggio del premier sulla settimana in più per trattare ha aperto una breccia dopo giorni di incomunicabilità. Sarà l’aula di Palazzo Madama a decidere se il futuro Senato dovrà essere eletto dai cittadini o dai Consigli regionali, come prevede il ddl del governo sulle riforme.

 

 

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