Pd: Renzi riunisce i gruppi parlamentari, ma pesano assenze e polemiche

Giornata infuocata ieri in casa Pd dove le priorità si rivelano subito tutte interne, con la segreteria al Nazareno ed i tavoli tematici con i gruppi parlamentari. Il termometro della tensione, esplosa per il rifiuto di parte della minoranza alla convocazione di Matteo Renzi sull’agenda di governo, si ha, a fine giornata, nella guerra di numeri sulle presenze alla riunione: i renziani parlano di 200 presenti, gli esponenti della sinistra presenti raccontano di un confronto con al massimo 100 parlamentari. Il premier, comunque, è soddisfatto: “Abbiamo offerto un’occasione di confronto in più, polemiche e lamentele sono incomprensibili”. Resta forte lo scontro a distanza con la minoranza: Pier Luigi Bersani non partecipa alle riunione, e mette in chiaro: “Alle mie idee non rinuncio”. La replica è del vice segretario Lorenzo Guerini: “Polemiche non utili”, come non è utile disertare le riunioni. I bersaniani non vanno e tra i non renziani c’e’ chi decide di partecipare. Come Cesare Damiano, Francesco Boccia e Roberto Speranza. Bersani respinge sdegnato l’idea che le sue critiche all’operato della dirigenza siano motivate da calcoli legati alle poltrone nelle commissioni parlamentari. “Spero che siano dietrologie dei commentatori, perché “derubricare tutto in una logica di potere è un insulto”. L’ex segretario sottolinea che esistono le idee. Combattere anche solo per le idee, bisogna che questa nuova generazione se lo metta in testa questo piccolo particolare. Io non ho niente da chiedere, però alle mie idee non ci rinuncio, sia chiaro. Renzi pubblicamente non replica. E’, come dicevamo, il vice segretario Lorenzo Guerini a lamentare un eccesso di polemiche che non è utile, così come non lo è disertare gli spazi di confronto. Allusione alla decisione di non partecipare da parte di Bersani, che però rivendica di essersi espresso: “Io gliele ho mandate quattro idee. Non in burocratese, molto brevi. Praticamente ho partecipato, no?”, incassando il plauso di Pippo Civati: “Devo dire che ho apprezzato ‘questo Bersani qui’ mentre negli ultimi mesi non avevo capito il perché di alcune sue scelte”. Eppure il dissidente Boccia alla fine apre: “Un incontro utile, il confronto c’è stato. Lo rifarei con tutti i gruppi parlamentari trasformando le cose che ci diciamo in atti, altrimenti diventa uno sloganificio che non so se serve”. Alla fine, la discussione tematica sul fisco slitta e Renzi conferma che nel prossimo Consiglio dei ministri ci si occuperà di scuola e banda larga, ma la questione Rai viene approfondita. Non c’è nessuna voglia di intervenire per decreto sulla televisione pubblica ma c’è la necessità di affrontare subito il tema, nell’ottica di una riforma che deve servire non a nominare qualche vicedirettore ma deve assicurare alla tv di Stato un ruolo chiave nella produzione culturale. “Entro due settimane dobbiamo fare qualcosa”, sono le parole del premier. Il leader Pd non ha alcuna intenzione di cambiare il timing delle prossime riforme e martedì il consiglio dei ministri approverà un disegno di legge e un decreto legge sulla scuola. Rinviato per motivi di tempo il capitolo fisco anche perchè, a quanto si apprende, anche la delega fiscale non dovrebbe andare nel consiglio dei ministri di martedì prossimo. Mentre sulla legge elettorale e sulla riforma istituzionale il presidente del consiglio chiude la partita: “I testi non si cambiano nei prossimi passaggi parlamentari”. Per Renzi, infastidito dall’accusa interna ed esterna di deriva autoritaria, il confronto di ieri, durato quattro ore, poteva essere l’occasione per rilanciare il “metodo Mattarella” che ha portato il Pd unito nella scelta del Capo dello Stato. “E’ la minoranza che si è sfilata”, ribattono i fedelissimi del premier. La sinistra, invece, ha visto come un’offesa il metodo della discussione “ad ore”, una per ogni priorità dopo che, attacca Gianni Cuperlo, “le nostre proposte, dal jobs act alle riforme, sono state ignorate e bocciate”. Se la gran parte della minoranza ha dato forfait, alla riunione hanno partecipato Francesco Boccia e Cesare Damiano, nonostante i dubbi sulle modalità di convocazione. E’ stato un incontro utile, ammette il presidente della commissione Bilancio, ma e’ funzionale se le cose che si dicono poi si trasformano in atti parlamentari, quando invece diventano tweet finiscono per essere quello che sono, aria fritta. Per il 9 marzo si è deciso un bis su fisco e pubblica amministrazione mentre la prossima settimana, quando si andrà alla stretta sulla riforma di viale Mazzini, il premier si è detto disponibile ad un approfondimento tecnico con i parlamentari che si occupano della materia. Sperando che anche la minoranza non dia forfait. Una chiave di lettura dello scontro aperto  della minoranza nasce dall’idea di Renzi di cambiare gli equilibri ai vertici di gruppi parlamentari e commissioni. Un’ipotesi che il vicecapogruppo alla Camera Ettore Rosato, in realtà, non smentisce: “Una verifica delle presidenze delle commissioni parlamentari e’ prevista ogni due anni ma non è un tema politico.

 

 

 

Circa redazione

Riprova

Quell’allergia alle regole e ai controlli

L’esecutivo sta dimostrando in questi giorni un’insofferenza ai poteri super partes. E’ un atteggiamento che …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com