Orrore Shoah, il mondo ricorda 70 anni dopo

 Ricorre oggi il “Giorno della Memoria” perché sono  70 gli anni trascorsi da quando nel 1945 vennero aperti i cancelli del lager di Auschwitz rivelando al mondo i crimini compiuti dai nazisti contro il popolo ebraico. E tornano, oltre l’odio e la barbarie affinché da quel filo spinato possa scaturire bellezza, le iniziative legate al Giorno della Memoria per ricordare quanto male è stato fatto durante la Seconda Guerra Mondiale al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti e come sia possibile ricucirne le ferite. Rischio intolleranza e discriminazione razziale sempre presente. Mai abbassare la guardia,”non bisogna perdere di vista l’allarme rosso, che potrebbe crearsi se la società perde coscienza di ciò che ha conquistato”, diritti e soprattutto pace. E’ il messaggio che emerge dalla ‘Visita della Memoria’, due giorni nei luoghi dell’olocausto nei dintorni di Cracovia, in particolare i campi di Auschwitz e Birkenau, dove sono morte un milione 200 mila persone, almeno 200 mila dei quali bambini, organizzata dal ministero dell’Istruzione e dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, alla vigilia della Giornata della Memoria che quest’anno coincide, come dicevamo, con il 70/o anniversario della liberazione delle ‘fabbriche della morte’. Del messaggio ha parlato a Birkenau il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che ha accompagnato 200 studenti di tutta Italia ed anche una rappresentanza di Rom e Sinti. Una visita condizionata da misure di sicurezza perchè arriveranno da tutto il mondo capi di Stato e autorità. E quindi, per i visitatori niente zaini al seguito, niente uso di cellulari, percorsi ed orari modificati all’ultimo momento. Nonostante questo, la visita fra le baracche, i crematori, il museo, non ha penalizzato la concentrazione e la partecipazione dei ragazzi, visibilmente commossi. Soprattutto quando i superstiti, Sami Modiano e le sorelle Tatiana e Ambra Bucci, hanno raccontato l’orrore di cui sono stati testimoni. Lo stesso ministro, per la prima volta in questi luoghi, ha detto di sentire un senso di angoscia, una sensazione di morte dominante. Ma, ha affermato, “ho percepito una voglia di lasciarci alle spalle questa parte di storia. Una lucida operazione basata anche su un sentimento che vediamo ancora affiorare nell’attualità, l’intolleranza verso la diversità. In Italia, ne è prova una minore diffusa presenza antisemita che in altri Paesi si sta intensificando, si è fatto molto nella scuola e nella società. Ma non bisogna mai perdere di vista l’allarme rosso che potrebbe crearsi. La scuola è il fondamento, la prima pietra”. I testimoni, che allora erano bambini o adolescenti, hanno ricordato, spesso con voce spezzata e difficoltà a parlare, la loro esperienza: l’arrivo al campo, la separazione dai familiari, la marchiatura del numero sul braccio, la vita in baracca. E poi il freddo, l’odore continuo e diffuso di carne bruciata, la melma per terra di colore grigio, dovuto alla polvere che usciva dalle canne fumarie.

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