Racconta Marco Minniti che il suo battesimo del fuoco nel mondo oscuro dell’intelligence avvenne quando, da sottosegretario alla presidenza del Consiglio con D’Alema premier, dovette sciogliere l’intrigo legato all’arrivo a Roma del terrorista curdo Ocalan: ci riuscì, e da allora, la sicurezza nazionale è il suo destino.

Era il 12 novembre,  ricorda,  quando Ocalan sbarcò in Italia, io ho giurato da ministro un 12 dicembre e molto probabilmente oggi, 12 aprile, verranno convertiti in legge i miei decreti su immigrazione e sicurezza urbana. Minniti, ricordiamo, viene da una famiglia di militari ed era sottosegretario con Letta, ma, unico tra tanti, fu confermato da Renzi; è renziano, ma gode della stima dei bersaniani; non va mai in televisione né usa i social, ma è il ministro più popolare del governo per  affrontare questioni scivolose come l’immigrazione e la sicurezza, ed è stimato sia dalla destra che dalla sinistra.

‘Creare politiche condivise, perché su sicurezza e immigrazione non basta la forza, ma occorre il concorso attivo di tutti. Schivare le polemiche, perché un ministro dell’Interno se vuole essere autorevole dev’essere figura terza e istituzionale. Evitare annunci, perché credo nell’eterogenesi dei fini e quando un politico annuncia qualcosa di solito si realizza il suo contrario’, osserva in modo secco ed efficace.

Nel suo studio al Viminale Marco Minniti ricostruisce il cammino della sinistra lungo la strada del realismo. Cammino iniziato con le dure posizioni assunte dal Pci ai tempi del terrorismo brigatista e giunto all’odierna consapevolezza che la sicurezza dei cittadini e il governo dell’immigrazione non sono questioni di destra, ma di sinistra, perché impattano sui ceti sociali più deboli. A sinistra, non tutti l’hanno capito: ‘Le statistiche ci dicono che i reati, tutti i reati, sono in diminuzione, ma la sicurezza non è una statistica, è un sentimento. E il sentimento di insicurezza avvertito dai cittadini non va mai sottovalutato’.

‘Teorizzare la politica delle porte aperte agli immigrati non ha senso: l’accoglienza ha un limite naturale nella capacità di integrazione. Negarlo significa mettere a rischio le basi della democrazia nel nostro Paese’. Per creare le condizioni per l’integrazione, Minniti ha promosso con tutte le associazioni dei musulmani il Patto per l’Islam italiano. Si fonda sul rispetto della nostra Costituzione e dunque sul principio che qualunque sopraffazione venga fatta in nome della religione deve essere considerata intollerabile. Perciò, aggiunge, è stato giusto togliere la patria potestà ai genitori di quella bambina del bolognese rapata a zero perché rifiutava di portare il velo. Ma giusto è stato anche disporre l’apertura dei centri per i rimpatri (Cpr) per gli immigrati pericolosi in attesa di espulsione. Mille e seicento posti non sono pochi? ‘No, né si dimostreranno pochi i 135 giorni di detenzione massima previsti: con la Tunisia e altri paesi stiamo lavorando per arrivare a rendere operative le espulsioni nell’arco di massimo un mese’.

Nei giorni scorsi Minniti è riuscito a convincere le tribù libiche a siglare un accordo di pace: ‘Sono arrivati al Viminale con turbanti e tuniche e dopo due giorni ne sono usciti con in mano un’intesa su cui nessuno avrebbe scommesso’. Servirà a garantire il controllo della frontiera Sud della Libia, oggi permeata dai flussi dei migranti africani. In Libia il traffico di esseri umani è un’industria che redistribuisce reddito sul territorio.

‘Lavoriamo per stabilizzare la Libia, ad un nuovo rapporto tra Ovest ed Est. Una stabilizzazione militare è una drammatica illusione. La forza dell’oggi è un’instabilità governata. Realismo, dunque, e ancora realismo. Stiamo finendo di addestrare la Guardia costiera libica, entro metà maggio gli forniremo due motovedette e altre due in seguito per poi, alla fine, arrivare a dieci. L’accordo per bloccare i flussi migratori è stato siglato col premier Sarraj il 2 febbraio. Ma i flussi non calano. Caleranno entro l’estate? Dopo aver ammesso di essere scaramantico, Minniti torna a citare il rischio di eterogenesi dei fini: ‘Non azzardo previsioni, parlerò dei flussi dalla Libia solo se e quando diminuiranno’.