La situazione politica italiana si prepara ad affrontare un problema di incertezza e, probabilmente, di ingovernabilità.

L’effetto congiunto del referendum del 4 dicembre e della sentenza della Corte costituzionale sul c.d. Italicum è quello dell’abbandono del modello maggioritario come fondamento del sistema elettorale.

Ciò non perché esso sia stato respinto dal voto dei cittadini o dichiarato illegittimo dalla Consulta. Un sistema maggioritario di tipo europeo, cioè basato sui collegi, a turno unico (come era, per la maggioranza dei seggi, la legge Mattarella), o a doppio turno, come in Francia, non era oggetto né del referendum né della decisione della Corte costituzionale. In realtà la scelta per l’impianto proporzionale è politica. Nessuno vuole più il maggioritario  perché non risponde alla convenienza di nessuna forza politica. Contro il turno unico sono  sia Forza Italia che 5 stelle, e lo stesso Pd sa che si tratterebbe di una vera e propria lotteria. Il doppio turno di collegio avvantaggerebbe 5 stelle, come dimostra l’esito dei ballottaggi nelle elezioni comunali.

Non è dato sapere se i sistemi elettorali attualmente vigenti per la Camera e Senato,  entrambi conseguenti a sentenze della Corte costituzionale,  saranno ‘armonizzati’, come chiede il Quirinale, e in che modo, oppure no.

E, naturalmente, le diverse opzioni non sono affatto irrilevanti sia sul comportamento degli elettori sia sulle caratteristiche del prossimo Parlamento. Ma la sostanza del sistema sarà proporzionalista, con una duplice conseguenza: verrà meno il dovere della coalizione, e ciascun soggetto politico potrà correre in proprio.

Non si sono ancora svolte le primarie del partito democratico ma  la vittoria ampia di Renzi appare sicura. È un risultato che colloca stabilmente il Pd nel campo del centro moderato.

Legge di impianto proporzionale e conferma della leadership renziana nel Pd consentono alle forze alla sua sinistra di elencare  le proprie proposte senza più vincoli di partito.

 A sinistra del PD le soggettività politiche sono molteplici: art 1, comprensivo della componente di Sel che vi ha aderito; Campo progressista; Sinistra italiana; Possibile di Civati; Rifondazione comunista rilanciata dal recente Congresso.

È possibile che queste diverse realtà costruiscano un progetto politico comune, e quindi si presentino in una stessa lista alle elezioni?. In realtà non è possibile per la difficoltà  di costruire un programma e una leadership condivisa.

 È a tutti chiaro che dalle prossime elezioni emergerà un Parlamento senza una maggioranza chiara, e che il sistema politico-parlamentare avrà subito avanti a sé il problema dei problemi: il rapporto con le regole dell’Unione europea e con l’austerità.

Le forze politiche italiane stanno delineando le rispettive posizioni. Il Pd di Renzi ripropone il già noto e metodo della polemica con Bruxelles, senza indicare però chiare soluzioni per il caso di conflitto.

Le  elezioni presidenziali,  e poi parlamentari in Francia, come quelle  quelle autunnali in Germania, forniranno elementi di valutazione importanti.

Il tema si riproporrà nel nuovo Parlamento, rispetto al quale appare improbabile prefigurare chiare maggioranze politiche.