Europa, bisogna ricominciare

E’ un buon momento per il Vecchio Continente.

Non solo l’Economia riprende fiato, ma migliora anche l’indice di gradimento dei cittadini verso le istituzioni europee. Non c’è un Paese in cui la percentuale di chi giudica con favore l’Europa, sia inferiore al 50%.Sfruttando il momento favorevole, il Presidente francese Macron ha portato al Consiglio d’Europa l’agenda su cui è stato eletto: un’Europa fortemente integrata al suo interno, ma che protegge i suoi cittadini dalle minacce esterne. Quindi, difesa delle frontiere, protezione dei suoi prodotti, protezione dei lavoratori indeboliti dall’effetto aggressivo della globalizzazione.Un progetto che ha sconfitto in Francia gli antieuropeisti e la destra di Le Pen, in Italia ha tacitato Salvini e il Movimento di Grillo che si sono affrettati subito ad effettuare un cambiamento di rotta.Difendere le frontiere è semplice: esiste già una polizia di frontiera che si chiama Frontex, basta solo investire di più per renderla più efficace.Lo stesso dicasi per le politiche volte alla protezione dei lavoratori contro gli effetti della globalizzazione, basterebbe implementare il fondo che già esiste, Globalization Adjustment Fund e forse i cittadini sarebbero disposti a destinargli una quota delle tasse che pagano all’Europa. Tuttavia, però, quella indicata da Macron non è una strada priva di ostacoli e di pericoli. Ha il merito di spostare l’attenzione su priorità troppo a lungo trascurate o quantomeno trattate con superficialità. Questo aiuterà l’Europa a diventare sempre più popolare tra i suoi cittadini che ritroverebbero una loro identità.Il pericolo è che questo nuovo entusiasmo faccia dimenticare problemi irrisolti da anni, a causa dei pregiudizi
e delle gelosie degli stati nazionali. Se l’Europa oggi fosse colpita dalla crisi economica del 2011, che nell’estate di quell’anno portò i tassi d’interesse italiani a dieci anni oltre il 6%, non avremmo gli strumenti adatti a farvi fronte con tempestività. L’OMI(Outright Monetary Transaction), lo strumento creato dalla Bce nel 2012 e che consiste nell’acquisto da parte della banca centrale dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà, non è mai stato messo alla prova. E per accedere a questi fondi un Paese deve impegnarsi a realizzare una seria politica economica con l’attuazione di riforme e correzione di conti pubblici. Programmi di non facile attuazione per i governi in crisi. Altro problema irrisolto riguarda il fondo europeo per far fronte ai fallimenti bancari che andrebbe a regime solo a partire dal 2023. Insomma tutte questioni, sicuramente meno popolari di quelle proposte dal Presidente francese, ma più controverse e proprio per questo bloccate da anni. Se non si risolvono rapidamente, alla prossima crisi i grandi progetti ancora una volta saranno messi da parte perché i governi saranno assorbiti dalla quotidianità della crisi, rischiando di perdere definitivamente quell’apertura di credito che oggi fanno loro i cittadini.

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