Diventa sempre più concreto un accordo sulla Libia

La possibilità di un accordo sulla Libia diventa sempre più concreto e la presenza militare dell’Italia potrebbe essere l’occasione per dimostrare l’utilità strategica del nostro Paese, a tutti i partner europei.

In Libia, ormai, le fazioni in lotta, sono stanche di combattersi. Il Paese ha bisogno di soldi ed aspetta con ansia la ripresa delle esportazioni petrolifere. Il rappresentante dell’Onu, Bernardino Leon, è in possesso di un accordo preliminare, siglato da alcune fazioni in lotta, già dallo scorso luglio. La presenza dell’Isis a Derna ed i massacri degli ultimi giorni, a Sirte, rende ancor più necessaria l’intesa. E’ ovvio che non basterà la firma di alcune fazioni, anche se tra le più rappresentative del Paese, ma necessita una presenza militare sotto l’egida dell’Onu, che possa garantire il rispetto degli accordi siglati e nel contempo garantire la sicurezza alle istituzioni, sì da favorire la ripresa delle attività produttive, in primis il funzionamento dei pozzi petroliferi, da cui dipende l’intera economia della Libia. La presenza militare dell’Onu, sarà formata prevalentemente da Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo ed in prima fila ci sarà l’Italia e non si esclude che possa assumerne il comando. Questo perché il nostro Paese, per ragioni storiche ed economiche, è quello che conosce meglio la Libia, la sua classe dirigente, le sue esigenze; ha anche il vantaggio che durante la scellerata missione del 2011, contro Gheddafi, si oppose al proposito francese fino alla fine. Inoltre si potrà servire dell’esperienza e delle conoscenze, accumulate nel corso dei decenni, da quel colosso petrolifero che è l’Eni. Certamente la missione non è esenta da rischi, ma l’Italia dovrebbe essere disponibile a correrli, anche perché esistono interessi nazionali che dovrebbero spingere il governo in tale direzione. Tra tanti, tre sono fondamentali. Il primo è di carattere economico: l’eventuale presenza dell’Onu permetterebbe la ripresa del funzionamento dei pozzi petroliferi e l’Italia sarebbe il primo Paese a trarne vantaggi. Il secondo concerne l’emigrazione. Si sa che il corridoio libico, da sempre, è il percorso preferito dagli scafisti, per traghettare i migranti provenienti dall’Africa e dal Levante. La missione in Libia permetterebbe di controllare gli scafisti e di creare le condizioni migliori per accogliere e trattenere i migranti sul suolo libico. Il terzo interesse è eminentemente politico. Rispetto alla crisi greca, dove l’Italia ha rivestito il ruolo di mero spettatore, al cospetto di Francia e Germania, in Libia potrebbe dimostrare ai signori di Bruxelles, che il Mediterraneo è la frontiera meridionale dell’Europa e che la sicurezza dell’Italia è anche la sicurezza dell’Ue. Questo non vuol dire che l’Italia deve dimostrare di fare una bella figura, ma solo far capire ai partner europei, l’utilità strategica del nostro Paese.

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