Borsa italiana e crisi bancaria

Molti commentano l’attuale andamento della Borsa italiana, con l’alternarsi d’impennate e di rapidi crolli nel corso dei titoli, addebitando il tutto a una generale crisi di fiducia. La  borsa di Milano, tornata rapidamente ai bassi livelli del 2013, dopo due anni di crescita, presenta un gap di almeno un punto percentuale rispetto alle altre Piazze mondiali e non è semplice trovare una spiegazione. Si fa strada l’idea della vendita improvvisa dei titoli in previsione di un crollo del mercato. Questo fenomeno, che sta  riguardando in particolare le banche italiane,   nasce dalla rottura di un rassicurante  assioma, condiviso da tante generazioni di italiani, che vedeva ‘il sistema bancario italiano solido, in quanto costituito da piccole banche molto legate al territorio’. Il fallimento della Banca Popolare dell’Etruria, della Banca Marche, della Cassa di Risparmio di Ferrara e di Chieti, ha reso evidente a tutti che c’era la possibilità di perdere i risparmi investiti nelle ‘sicure’ banche locali e che, il pericolo, non era limitato solo agli azionisti, ma si estendeva anche ai portatori di obbligazioni, pur se esse erano subordinate. Ora bisogna chiedersi di come sia stato possibile che la tutela del risparmio abbia generato un disastroso effetto sui mercati finanziari. Bisogna partire dalla applicazione della direttiva comunitaria sul ‘bail in’, ovvero un salvataggio interno, e successivamente l’impatto negativo che ha avuto il decreto ‘salva banche’ del novembre 2015. Sia chiaro che il ‘bail in’ definisce la svalutazione di azioni e crediti e la loro conversione in azioni per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca in difficoltà.  Tale meccanismo è previsto dalla direttiva europea BRRD  (Bank Recovery and Resolution Directive n. 2014/59) che regolamenta le crisi bancarie, voluta nel giugno 2013, nei giorni della crisi di Cipro e delle sue banche, ed introduce in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche. La legge di delegazione europea è stata approvata in Senato lo scorso 16 maggio con il consenso quasi trasversale di maggioranza e opposizione. Il successivo 10 settembre il Governo ha recepito la direttiva europea ed approvato le nuove norme in materia di risoluzione delle crisi bancarie, prevedendone l’entrata in vigore in Italia dal 1° gennaio 2016. A seguito dell’introduzione della disposizione, il Governo ha messo mano al fallimento delle quattro banche sopra ricordate, anticipando in parte la disciplina europea. Il presidente dell’Associazione bancaria, Patuelli, nella giornata del risparmio ebbe modo di segnalare come il meccanismo del ‘bail in’ introdotto dalle norme Ue, rappresentava in Italia una anomalia: ‘In Italia è sempre vigente la tutela dell’articolo 47 della Costituzione’, dove è indicato che ‘La Repubblica’ incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, e che non è superata dal ‘bail in’, assolutamente estraneo dalla tradizione italiana. In definitiva si è restati, e si resterà, fermi ad aspettare un modello di banca che non esiste più e, al contempo, non si intravedono possibilità di necessarie riforme strutturali del sistema bancario.

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